PIERO RAGONE è filosofo, ricercatore, scrittore, studioso di religioni e di esoterismo. Il suo campo d’indagine è tutto ciò che la scienza non è in grado di spiegare. Laureato in Filosofia nel 2001, consegue due master e nel 2017 riceve la laurea honoris causa in Scienze Esoteriche. Autore di numerosi testi di successo, è ospite di convegni nazionali ed internazionali e il suo nome è accostato ai maggiori interpreti della ricerca italiana e mondiale.

mercoledì 23 luglio 2014


NATI IN UNA GROTTA

Divinità e profeti, prìncipi e re, messia e personaggi celebri dell’antichità condividono la nascita in caverne e grotte; un enigma la cui soluzione si intreccia con un altro mistero che interroga gli studiosi di tutto il mondo: la singolare posizione della Camera del Re nella piramide di Cheope.

Antichi miti egizi narrano che, quattro millenni prima di Cristo, la dea Iside diede alla luce Horus in una caverna nascosta tra i giunchi del delta del Nilo; circa 3000 anni dopo, secondo la religione induista, la nascita del principe Krishna, ottavo Maha Avatara (Grande “Avatar”, incarnazione della divinità in un corpo fisico) del dio vedico Visnù, sarebbe avvenuta in una grotta della montagna sacra chiamata Meru; leggende greche tramandano che Rhéa partorì Zeus, signore degli dèi olimpici, in un antro del monte Díktē, a Creta, e suo figlio Hermes, in Grecia, venne al mondo in una grotta del monte Cillene; nella tradizione latina, i gemelli Romolo e Remo furono allevati dalla leggendaria lupa sul colle Palatino, in una caverna detta Lupercale; secondo i Veda, 1200 anni prima di Cristo, il dio solare Mitra nacque in una angusta caverna, come il celebre filosofo cinese fondatore del Taoismo, Lao Tzu, nato in una grotta nei pressi del villaggio di Chu'jen, nella Cina orientale, e Zarathuštra (noto anche con il nome di Zoroastro), profeta iranico, nato a Bactra, città della Battriana, in Persia, nel IV secolo a.C.; anche Gesù, secondo la tradizione popolare cristiana, sarebbe stato partorito in una modesta grotta poco distante da Betlemme.
Superata l’Era Glaciale, le condizioni climatiche più favorevoli consentirono il progressivo abbandono di uno stile di vita dedito esclusivamente alla lotta per la sopravvivenza e permisero all’Uomo di sperimentare le prime, rudimentali forme di aggregazione sociale organizzata; questo passaggio implicò un cambiamento nel modo di intendere caverne e grotte, non più considerate abitazioni di fortuna indispensabili per sopravvivere alla rigidità del clima e alla violenza della natura, ma santuari naturali che la Madre Terra aveva donato all’Uomo, ancestrale riparo contro le avversità del mondo, grembo protettivo e, allo stesso tempo, dispensatore di vita, come era intesa dalla cultura azteca, che collocava in una grotta la nascita del genere umano. Le caverne di tutto il mondo ci consegnano i più antichi graffiti rupestri incisi dall’Uomo, segni indelebili di civiltà perdute che hanno affidato alle ruvide pareti di questi luoghi nascosti la testimonianza pittorica della propria esistenza; in Grecia, la grotta era associata al culto di creature leggendarie come ninfe e fauni, mentre nei Paesi Baschi la dea Mari si manifestava nei pressi di antri ombrosi. Il cristianesimo fece sua e mantenne viva la sacralità delle grotte, come dimostra il culto dell’Arcangelo Michele il quale, nell’apparizione 490 d.C., chiese che fosse consacrata in suo nome una grotta sita sul Monte Sant’Angelo, in Puglia; anche l’abside e le nicchie delle chiese cristiane avevano lo scopo di riprodurre e rievocare, all’interno della struttura architettonica, l’ambiente raccolto e intimo delle grotte naturali.


La Stella dei Re

Tuttavia, l’importanza simbolica e mistica delle caverne non spiega perché miti e leggende di tutto il mondo condividano la tradizione che re, prìncipi, salvatori di popoli, redentori, profeti, portatori di civiltà, eroi e divinità sarebbero nati in una grotta e non, come sarebbe lecito attendersi, in sontuosi castelli o stanze fastosamente addobbate. Da quale fenomenologia ha origine questa singolare collocazione?
Un primo, importante indizio è fornito dalla ricca mitologia cinese, secondo la quale gli esseri celesti discendono sulla Terra servendosi di una grotta come luogo privilegiato del loro approdo; ma per una risposta completa, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione all’Antico Egitto e alla stella cui era profondamente devoto: Sirio.
La levata eliaca di Sirio costituiva un momento fondante per il popolo del Nilo: in virtù della sua posizione prossima all’orizzonte, la stella si rendeva ciclicamente invisibile per un periodo di circa 70 giorni, al termine del quale sorgeva all’alba precedendo la nascita del Sole (da cui la definizione di levata eliaca, in quanto sorge assieme al Sole); tale rinascita si verificava in coincidenza del solstizio d’estate, giorno in cui il Sole registra la sua massima permanenza nel cielo e sancisce il simbolico trionfo della Luce sulle Tenebre; la levata eliaca di Sirio inaugurava l’inizio dell’anno egizio (come il nostro 1 gennaio) e, precedendo di qualche settimana lo straripamento del Nilo e la conseguente fertilizzazione dei campi con il suo prezioso limo, il ritorno della stella era inteso come l’artefice di un evento da cui dipendeva la sua sopravvivenza. Gli studi condotti in Custodi dell’Immortalità hanno dimostrato che l’incoronazione del nuovo re avveniva in coincidenza con questo straordinario fenomeno astrale, in virtù di un legame tra la stella e il concetto di sovranità che emerge con chiarezza dall’analisi del nome di Sirio nelle differenti culture: Kasista, in accadico, significa guida o principe; Tistar, presso i Persiani, vuol dire comandante; al-ši‘rā o al-shira, in lingua araba, si traduce capo, sovrano. Dalla medesima radice che compone il suo nome, sr, deriva il titolo inglese sir, che significa signore, e il sostantivo sire, comune nella stessa forma nella lingua italiana, inglese e francese, il cui significato è re. È noto, inoltre, che un’antica lettura della Cintura di Orione identificava le sue stelle con Tre Re che rendevano omaggio alla stel­la Sirio, il nuovo Re nascente, figlio del Cielo e della Terra, un’immagine che la tradizione cristiana ha adattato alle proprie esigenze convertendo Alnitak, Alnilam e Mintaka nei tre Magi che riveriscono il neonato Gesù, il Re dei Re.
Immaginiamo ora di osservare la levata eliaca di Sirio ponendoci sul lato ovest della piramide di Cheope; individuiamo Betelgeuse e Rigel, due delle quattro stelle che perimetrano la costellazione di Orione, e congiungiamole con Sirio, al momento non visibile perché al di sotto della linea dell’orizzonte.
 
Fig. 1: L’effigie del femminino sacro, tracciata in cielo dalle stelle
Betelgeuse, Sirio e Rigel, e il corrispettivo simbolo della sessualità maschile, sulla Terra,
identificato nel profilo della facciata ovest della piramide di Cheope. 

Si comporrà una figura simile ad una V, simbolo del femminino sacro ed efficace rappresentazione iconografica del grembo materno, recipiendario universale atto ad accogliere e dar forma al seme della vita che ad essa viene affidato (Ú). Il profilo bidimensionale della piramide di Cheope traccia la stessa figura, seppur con la punta rivolta verso l’alto (Ù), notoriamente associata alla virilità maschile e alla fecondità. Ma non è tutto:

“ (…) ruotando la figura n. 2 di 180° per agevolarne la lettura, si osserva che la Cintura di Orione interseca per­pendicolarmente il punto mediano della base Betel­geuse-Rigel, e la sua po­sizione coincide con quella occupata dallo Zed nella piramide di Cheope, il cui nome è leggibile scorrendo dall’alto verso il basso le lettere greche che identifi­cano le tre stelle (Z. E. D. Orionis, secondo la denominazione ad esse attribuita dall’astronomo Johann Bayer)”[1]

Fig. 2: Riproduzione capovolta della costellazione di Orione
e di Sirio che consente di cogliere le incredibili somiglianze
con la piramide di Cheope e la sua struttura interna.
Fig. 3: La piramide di Cheope e lo Zed,
la torre di granito custodita al suo interno,
individuata dal ricercatore italiano Mario Pincherle.

Gli antichi Egizi identificavano il Cielo con l’entità femminile (Nut) e la Terra con l’essere maschile (Geb), un’attribuzione conseguente al profondo legame tra la Piana di Giza e la costellazione di Orione; la ricerca condotta in Custodi dell’Immortalità ha evidenziato che lo Zed (l’organo riproduttivo maschile, simbolo di Osiride), custodito nella Grande Piramide, si congiungeva idealmente con Orione, in realtà la sua sposa celeste, Iside, per fecondarla e trasmettere le anime dei faraoni defunti nel suo grembo (le nebulose note con i codici di identificazione M42 ed M43) affinché potessero qui rinascere sotto forma di stelle. Nel viaggio che il Ba (l’anima secondo gli antichi Egizi) compie verso il Cielo, la piramide di Cheope assurge al ruolo maschile, in quanto portatore del seme nel grembo della ricevente, Orione che, in tale contesto, è la parte femminile; ma la perfetta identità speculare delle due formazioni triangolari in precedenza evidenziate sia in Cielo che sulla Terra, prefigura un legame che sottende una sorprendente versatilità dei ruoli. Se il passaggio ascensionale delle anime conferiva alla Terra l’identità maschile e al Cielo quella femminile, nel movimento discensionale i ruoli devono necessariamente invertirsi: il Cielo è fecondatore e portatore di vita, mentre la Terra riceve e accoglie nelle sue profondità, nel suo grembo, il seme divino che giunge dall’alto.
L’intersezione dei due triangoli compone il Maghen David, meglio noto come Scudo o Stella di Davide, emblema che il misticismo ebraico ha assunto come simbolo peculiare, ma il cui impiego era diffuso in tutto il mondo antico prima della formazione dell’identità israelita; come avremo notato, la posizione di Sirio coincide con il punto in cui è ubicata la Camera Sotterranea della piramide di Cheope.

Fig. 4: L’intersezione della piramide di Cheope e del Triangolo stellare Betelgeuse-Sirio-Rigel
compone la Stella di Davide, simbolo per eccellenza dell’unione del Cielo e della Terra.


La camera sotterranea

Sebbene gli Egittologi abbiano sempre sostenuto che la stanza ipogea era stata inizialmente concepita come la camera sepolcrale reale, poi abbandonata a causa dell’instabilità del terreno, vi sono valide ragioni per ritenere che, in realtà, svolgesse un ruolo ben più rilevante di quanto sinora riconosciuto. L’ineguagliabile perfezione architettonica delle altre strutture interne della Piramide (come ad esempio la Grande Galleria e la Camera del Re), in contrasto con l’apparente scarsa cura riservata a questo ambiente, suggerisce che la stanza sotterranea fosse una cavità sotterranea naturale lasciata volutamente incompiuta affinché preser­vasse l’aspetto di una grotta: nella solenne copulazione tra Cielo e Terra che da’ vita alla Stella di Davide, il vertice basso del triangolo stellare Betelgeuse-Rigel-Sirio (in questo caso, l’entità maschile) penetra la Terra (ora intesa come l’entità femminile) giungendo fino alla grotta appositamente adibita per accogliere il frutto di questa mistica unione: Sirio. È nella Camera Sotterranea che il Cielo insemina il grembo della Madre Terra e dona al mondo la Stella dei Re, deponendola nella grotta da cui infine sorge nel giorno della sua levata eliaca. È in virtù di questa complessa interazione di elementi terreni e celesti, umani e divini, che tutto il mondo attribuisce a re, principi, profeti e salvatori dell’Umanità la nascita in una grotta, in quanto segno di un’investitura ultraterrena, di una missione redentrice, di un’opera di cambiamento che si è chiamati a compiere. Coloro che nascono sotto l’egida di questo straordinario fenomeno sono considerati veri e propri doni con cui il Cielo gratifica la Terra, messaggeri e redentori che la deità consegna all’Uomo come prova del suo amore, Re e Prìncipi divini che discendono in una angusta grotta per venire a dimorare tra gli uomini.


Il mistero delle Camera del Re

L’ingresso principale della Grande Piramide immette in un cunicolo discendente, lungo 105 metri, che conduce alla grotta sotterranea; alla base della Grande Galleria, a circa 24 metri di altezza dal suolo, si trova uno stretto tunnel, chiamato Condotto dei Ladri perché si ritiene sia stato scavato da famelici cercatori d’oro, che si snoda nelle profondità del sottosuolo fino a intersecare il cunicolo discendente in prossimità della camera ipogea. L’interminabile corridoio originario, realizzato dagli architetti della piramide, è la prova che la Camera Sotterranea rivestisse un ruolo rilevante nel progetto globale della struttura, tale da indurre predoni e avventurieri a realizzare l’impervio tunnel dei Ladri, persuasi dalle leggende sorte attorno alla nota grotta che qui si potesse celare un’inestimabile tesoro.
La sua rivalutata importanza non solo spiega efficacemente l’origine del mito della nascita in una grotta, ma consente anche di svelare uno degli enigmi che accompagna da sempre l’unica superstite delle Sette Meraviglie del mondo antico: l’inconsue­ta collocazione della Camera del Re a 43 metri di altezza rispetto al livello del suolo, in una posizione che corrisponde a circa 1/3 della Grande Piramide. In un monumento dalle proporzioni così perfette, con margini di errore infinitesimali in tutti i rapporti, perché la stanza che avrebbe dovuto accogliere (secondo gli Egittologi) le spoglie mortali del faraone sarebbe stata ubicata ad un’altezza che non è giustificata da nessun parametro di simmetria o correlazione finora individuato?
Il motivo di una mancata risposta risiede nell’inspiegabile disinteresse degli studiosi nei confronti della grotta sotterranea. 
La scelta di collocare la Camera del Re in quel preciso punto

“può essere compresa solo se si considera la struttura della piramide di Cheope nel suo com­plesso, che include la camera sotterranea: sommando i 43 metri di altezza a cui si trova la Camera del Re con i 30 metri di profondità della stanza ipogea, otteniamo 73 metri. La piramide di Cheope era alta, in origine, circa 146 metri: 73 è la metà di 146”[2]


Fig. 5: La perfetta equidistanza della Camera del Re tra il vertice della piramide e la grotta sotterranea.


Come è evidente, la Camera del Re è stata realizzata esattamente nel punto mediano tra il vertice della piramide e la grotta sotterranea: puntando l’ago di un compasso al centro della Camera Reale, è possibile tracciare un cerchio che passa per la grotta sotterranea e il vertice della piramide. Una scoperta straordinaria che segna l’incipit di un nuovo capitolo nella storia degli studi sulla Piana di Giza; la grandiosità di questo progetto ha rivelato sinora solo una piccola parte del suo straordinario significato e del ruolo che doveva svolgere per gli antichi nell’incessante ricerca di un punto d’incontro tra l’umano e il divino, il finito e l’infinito, mirabilmente espresso nella connessione tra questi prodigiosi monumenti e la costellazione di Orione. Quanto esposto sinora è solo l’inizio di un’intrigante percorso che ci condurrà alla risoluzione di altri misteri.

Un dato su cui riflettere: la Camera del Re è stata provvista di due condotti che attraversano diagonalmente la piramide fino a giungere all’esterno; secondo gli esperti, quello sulla parete nord punterebbe verso Thuban (Alfa Draconis), stella principale della costellazione del Drago, mentre il canale ricavato nella parete sud indicherebbe una delle stelle della Cintura di Orione, Alnitak (Zeta Orionis). Anche nella Stanza della Regina sono stati realizzati due condotti: quello sulla parete rivolta a settentrione raggiunge idealmente Kochab (Beta Ursae Minoris), la seconda stella più luminosa della costellazione dell'Orsa Minore; quello di meridione si congiunge a Sirio. Seppur affascinante, questa interpretazione non spiega perché i canali punterebbero queste stelle appartenenti a costellazioni così diverse e prive di un nesso astronomico o mitologico; non chiarisce sufficientemente in quale momento si verificherebbe questo allineamento e, soprattutto, non dice perché i condotti realizzati sono quattro.

Ne Il Segreto delle Ere abbiamo dimostrato che, congiungendo le quattro stelle del perimetro della costellazione di Orione (che sono, in senso orario, Betelgeuse, Bellatrix, Rigel, Saiph) con Sirio, si compone una piramide capovolta di cui Cheope è la perfetta riproduzione speculare, e in scala ridotta, sulla Terra. L’immagine bidimensionale che abbiamo proposto in precedenza si arricchisce di una visione, ora tridimensionale, che vede due piramidi, una stellare e una terrestre, entrambe dotate di uno Zed (che simboleggia l’organo riproduttivo maschile) ma strutturate in modo da essere anche in grado di svolgere la funzione ricevente propria del ruolo femminile.

(la conclusione nel n. 66 di aprile 2014 della rivista Fenix, diretta da Adriano Forgione)




[1] Piero M. Ragone, Il Segreto delle Ere, Macro Edizioni, dicembre 2013, p. 131. 
[2] Piero M. Ragone, Il Segreto delle Ere, Macro Edizioni, dicembre 2013, pp. 139-140.