PIERO RAGONE è filosofo, ricercatore, scrittore, studioso di religioni e di esoterismo. Il suo campo d’indagine è tutto ciò che la scienza non è in grado di spiegare. Laureato in Filosofia nel 2001, consegue due master e nel 2017 riceve la laurea honoris causa in Scienze Esoteriche. Autore di numerosi testi di successo, è ospite di convegni nazionali ed internazionali e il suo nome è accostato ai maggiori interpreti della ricerca italiana e mondiale.

martedì 19 dicembre 2017

IL VERO EROE

I tempi in cui sedevo tra i banchi come alunno sono così lontani da sembrare ingialliti anche nei ricordi. Non sono mai stato uno studente modello e non ho mai voluto esserlo, ma c'era una materia che riusciva a tenermi sveglio per quasi un'ora. Epica.
Una volta il prof chiese chi fosse, secondo noi, il vero eroe omerico. Qualcuno la buttò sull'improbabile, da Paride a Briseide, ma i due prescelti erano Achille ed Ettore. 
Quasi tutti erano concordi nel coronare Ettore come il Pallone d'Oro dell'Iliade.
Io non avevo dubbi: per me era Achille. 
"Ma come? - ribattevano - Ettore difende la sua patria, non si lascia fuorviare dai capricci, non è iroso, non perde le staffe, non si scompone, è sempre ligio al suo dovere, è al servizio di un bene più grande ... Achille è isterico, piange, singhiozza, sbraita, si innamora a tempo determinato, abbandona la battaglia per un capriccio, ritorna a combattere per vendetta. Cosa c'è di eroico in lui?".
Tutte obiezioni valide. Ma la mia idea resta.

Ettore non aveva scelta: la sua città era assediata, non poteva non difenderla, non c'era da pensarci su. Ettore non compie nessuna impresa eccezionale; si illude di aver ucciso Achille e, quando il figlio di Peleo lo sfida a duello, fugge in preda al panico attorno alle mura della città. E perde la sfida.
Achille ha avuto molte scelte. Ed ha sempre intrapreso la strada più difficile; molte profezie avevano preannunciato il suo tragico destino: se avesse partecipato alla guerra, non sarebbe tornato a casa; finché Ettore era vivo, lui non sarebbe deceduto. Ma non ha mai scelto la via del quieto vivere. Si è unito ai Greci sulle spiagge insanguinate dell'Asia Minore; si è innamorato di una schiava - che affronto! - e, per amore di lei, decide di non combattere agli ordini di Agamennone. Piange per l'affronto, e piange ancor di più quando il suo amato Patroclo perde la vita per mano di Ettore. Il suo dolore è incontenibile, Il suo furore non è l'encomiabile, pacata pietas di Ettore o di Enea, ma è fuoco inarrestabile. Achille sfida Ettore, consapevole che la morte dell'eroe troiano implica la sua fine. E non importa. Achille vive per quel momento. Vince il duello. Ettore muore. E quindi Achille muore, trafitto nell'unico punto debole da una freccia scagliata dal vile Paride.
Forse non è un vero eroe, Forse non lo è stato per i Greci, non lo era per i miei proff. e per i miei compagni.
Ma lo è per me. 
Nonostante gli avvertimenti, ha sempre scelto il suo destino ascoltando la voce interiore con grande chiarezza, quella che, nel film "Vento di Passioni", secondo lo Cheyenne One Stab, ti fa diventare "pazzo, o diventi leggenda".
Ci sono avvisaglie, sensazioni o profezie, se si possono ancora chiamare così, che ti avvertono: "Non proseguire lungo questa strada, o prima o poi troverai il tuo Paride che ti fa secco". 
La tentazione di fermarsi c'è sempre, ad ogni angolo. E' una compagna testarda: non perde mai l'occasione di mostrarti l'angolo di paradiso che meriti, se deponi le armi. "Chi te lo fa fare? Se molli adesso, ad attenderti c'è tutto il resto!"
Poi ti rivolgi agli déi, chiedi loro un cenno, un consiglio, un immaginifico cartello stradale che ti indichi la via, e i Messaggeri si attivano. Ed ecco il segno: una Stella della Notte (vedi commento) che giunge in soccorso dalle profondità della coscienza di uno sconosciuto, sospinto a parlarti affinché tu recepisca.
Quando hai già lo zaino sulle spalle, pronto a dire "basta, mi prendo una vacanza per il resto della vita", il destino ti invita a riprendere posto sul set del tuo personale Apocalypse Now.

Per questo, probabilmente, continuerò a piangere la perdita della mia Briseide, a trafiggermi mille volte il cuore per la dipartita del mio Patroclo. E sfiderò Ettore. In attesa che Paride si faccia vivo con l'arma del vigliacco
Quando una Stella della Notte ti parla, puoi mai dirle no? 
E poi gli eroi non piangono. Gli eroi scrivono favole con inchiostro di lacrime.

- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

lunedì 11 dicembre 2017

I DIAMANTI DEI POVERI

Del film “Caravaggio” di Derek Jarman, ricordo questa frase:
“Le stelle sono i diamanti dei poveri. I ricchi nascondono i loro tesori nelle casseforti. Si vergognano a doverli comparare con le ricchezze del Signore che risplendono nel Cielo”.

Molti anni fa, quando ero un vagabondo dell’Anima e trovavo rifugio in ogni tana che il mio studiato vagare mi offriva, mi è capitato per un po’ di possedere soltanto i “diamanti dei poveri”. L’imprevedibile avventura della Vita mi aveva condotto in una terra avara, per certi versi muta e indecifrabile; accade così che, volontà del destino o combinazione sbagliata di scelte azzardate e amorevole sfiga, la strada diventa la tua casa e il tuo unico bagaglio è uno zaino per metà pieno di mistici ricordi di un futuro che puoi solo sognare, e per metà pieno dei NON che ti trascini in quella specie di guscio di tartaruga che hai incollato tutto il giorno sulle spalle. 
Quando lo sporco della polvere d’asfalto incrosta il volto, e le fessure di un indumento stracciato sono motivo di vergogna per te, e di soddisfazione per chi ti vuol male, hai due possibilità: lasciare che tutto sia, oppure perderti nel loop di “come potrebbe essere stato”.
In quei giorni, il tuo corpo è da qualche parte; il posto in cui dormi è ovunque; ciò che mangi è quasi nulla e ciò che sei è il silenzio di ogni cosa.
L’unica certezza è l’elenco di quello che non hai. O di quello che non ti appartiene più. Due pensieri mi impedivano di far ritorno a casa: non ricordare più la via di casa e conoscere esattamente dove fosse la mia casa.
E fu così che due giorni di cammino nel vuoto mi condussero in un campo di calcio abbandonato; senza porte né spalti, senza righe né bandiere, un angolo del campo era il rifugio presso il quale quella sera trovai rifugio. 
Al centro della notte, disteso su una panchina in disuso, vedevo il cielo perlato tracciare sentieri che sognavo di percorrere e, poiché non era mia abitudine pregare quando il mondo girava al contrario, dissi imbronciato: “Mio caro Papà, non potevi riservarmi una fine peggiore. Disteso qui, sulla panchina della Vita, con la certezza che il mio turno non arriverà mai”. Non erano queste le parole esatte, ma c’era un carico di sano livore che non posso riportare.

Andiamo avanti di circa dieci anni, come in un film in stile Rodriguez/Tarantino, di quelli in cui salta la finta giuntura della finta pellicola per creare un finto diversivo. E lo spettatore balza all’improvviso da un contesto all’altro, ignorando quello che è accaduto nel mezzo.
Era il mio primo convegno. Il tabellone strillava nomi più grandi del mio, e sapevo di essere soltanto un riempitivo, un intermezzo quasi ludico tra ricercatori di grande fama. Nessuno del pubblico era lì per me. Perché nessuno sapeva di me. Ma di lì a poco avrebbero ascoltato anche me. 
Prima di parlare con il capo chino, come facevo un tempo, per mezzo minuto diedi le spalle alla platea, come faccio sempre, e pregai, come faccio sempre. E ricordai quel campo abbandonato, il mio rifugio divorato dai cespugli, il silenzio della terra e il Cielo che esibiva i suoi diamanti. Che erano anche i miei diamanti.
Il Grande Regista aveva studiato ogni dettaglio: ambientazione, dialoghi, luci, evolversi del plot dal momento di dolore al trionfo di colore secondo la legge del Tempo Epico.
Chas Kramer, il giovane allievo del John Constantine interpretato da Keanu Reeves (2005), dice qualcosa come: “Se ti mettono in panchina, è per esser pronto a subentrare”.
Non potevo saperlo, ma quando Dio, le scelte azzardate o l’amorevole sfiga mi hanno condotto lì, su quella panchina, a rammendare inutili stracci di un fallimento necessario, era perché, al momento giusto, il più Grande Allenatore che io conosca doveva voltarsi verso di me e dirmi: “Tirati su da quella panca, campione. È il tuo turno. Vediamo cosa sai fare”.
I ricchi nascondono i loro tesori; non possono competere con la bellezza dei diamanti del Signore che risplendono nel Cielo. 
Per questo il Mister mi ha spedito in panchina per metà della mia vita. Perché mi liberassi di ogni stupida ambizione. 
Lui non voleva che fossi il tesoro dei ricchi, rinchiuso in una cassaforte, o in un ufficio. Lui voleva che io diventassi il Diamante dei Poveri.

Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

giovedì 30 novembre 2017

40 ANNI NEL DESERTO

Se non trovi il tuo centro, non avrai la tua orbita e, se non hai un’orbita, è come non avere vita. Resti immobile, non ti disponi per ricevere i raggi del Sole. Esisti solo perché hai cominciato a esistere.
Oggi credo di avere un asse attorno al quale la mia vita danza con passi introversi; ho affidato la mia orbita al Sole di “Uno di Famiglia”, il Fratellino Maggiore che ci guida al Padre. Ma non è stato sempre così. 
Quando ero un bambino, mi capitava spesso di percepire una specie di “chiamata”. Descriverla, adesso, sarebbe difficile; quello che so, è che fuggivo. La mia risposta era sempre No. All’inizio mi spaventava – Chi mi cerca? Cosa vorrà da me? mi chiedevo -; poi, nell’adolescenza, il mio No divenne insolente. Volevo la mia libertà. Volevo essere l’unico condottiero del mio vascello, e guai a sostituirmi alla guida. Volevo essere libero di sbagliare e di farmi strada attraverso lividi e fallimenti. 
“Non ti cercherò mai – dicevo – lì nel Cielo oltre il quale ti nascondi”. 
La cosa mi fa sorridere, se penso ad una frase che riportavo sin da allora come frontespizio dei miei quedernetti:

“Il Tuo Destino ti Troverà per quanto Lontano Tu Possa Essere” .
L’ho sempre scritto senza averlo mai capito.
Ma le cose, a volte, cambiano. 
Finché la mia risposta era NO, gli appunti di Dio sono rimasti nel cassetto; quando ho voluto darci un taglio con la mia ottusità, ho visto. E ho sorriso per la seconda volta. 
Il 2011 doveva essere l’anno in cui avrei dovuto dire addio a questa sfera azzurra; ma Papà ha pensato di regalarmi un altro viaggio premio sul suo capolavoro. Eppure, stizzito, ancora chiedevo: “Per quanto mi tratterrai in questo deserto?”. Strana scelta di parole: “mi tratterrai”, perché sapevo che era una Sua decisione; “deserto”, un luogo in cui pensi di esser confinato per punizione, e invece …

Oggi posso dirlo: sapevo che parte del mio compito qui era completare quattro libri, prima di servirlo in altro modo. E sapevo che dovevo adempiere a tutto questo prima di compiere 40 anni (2011-2017). Ed è così che è andata. Papà mi ha trattenuto con sé nel deserto per 40 anni, prima di lasciarmi andare verso la mia Terra Promessa. È questo il destino che ti cerca per quanto lontani si possa essere; era lì che dovevo aspettare, nel deserto, nel luogo che ha fissato per la mia nascita terrena.
Deuteronomio 33,2:
“Jahweh è venuto dal Sinai e si è levato su di loro da Seir (non vi ricorda Sirio?); è apparso nel suo splendore dal MONTE PARAN”.

E il paesino in cui sono cresciuto e dove ho le mie radici e si chiama Monteparano, provincia di Taranto; qualunque cosa voglia dire, dovrò ancora lavorarci su.
40 anni nel deserto prima di avviarmi verso la mia Terra Promessa. Una Terra che probabilmente non vedrò. 
Ma la parte migliore viene adesso.
Alcuni dei Ragazzi del Bivio a me più vicini, sapevano questo da molto tempo, e si chiedevano se e quando l’avrei scritto; ecco, l’ho fatto adesso, in un giorno che apre un forte portale tra qui e lì.
Chi mi ha incontrato, una di queste sere, ha detto: “Hai gli occhi di chi non mangia, non dorme, non trova pace”. Non proprio. Sono gli occhi di chi ha cominciato a seguirlo nel Cielo oltre il quale vuol essere cercato. È un impegno che faticoso ...

Coelho ha scritto: “È la possibilità di realizzare un sogno che rendere la vita interessante”. Ti correggo solo un pò, fratello Paulo: “È la possibilità di viverlo, quel Sogno, che rende la Vita straordinaria”. Non siete d’accordo?
- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

martedì 21 novembre 2017

IL DOLORE È IL MIO POTERE

Nel complesso, mi ritengo un uomo fortunato. Perché ho avuto tutto dalla vita e la mia esistenza, sinora, è stato un party a bordo piscina? Niente affatto.
Sono fortunato perché la Vita mi ha tolto in misura maggiore di quanto mi abbia dato.
A volte, quando mi guardo attorno, vedo solo oggetti e ricordi di quelli che hanno intrapreso il viaggio di ritorno verso Sirio. Sono circondato dalle loro immagini, da monili che mi parlano di loro: statuine di fate colorate, abiti che non oso rimuovere, collane che non potrei mai indossare; oli preziosi per donna, che al solo tocco mi commuovono; pannolini per cuccioli, purtroppo mai utilizzati.
Alcuni di Noi hanno più passato che futuro; alcuni hanno più ricordi che giorni da spendere.
La Vita mi ha condotto dai peggiori bar di Caracas (in realtà, si tratta di localini di provincia, ma era solo per citare una celebre pubblicità …) alle ville dal lusso eccessivo; mi ha fatto conoscere la strada e le nuvole; la gloria e l'offesa; mi ha offerto il conforto di una stanza e il brivido dei vicoli; la vita mi ha mostrato la banalità della violenza e la pesantezza di una lacrima sconosciuta. Mi ha regalato emozioni di incomparabile bellezza e dolori di insanabile profondità.


Se hai Fede, allora sai di essere come un Veliero, un Vascello votato all’avventura in questo meraviglioso racconto che si chiama VITA: la via da seguire dipende da me, ma anche da Chi mi conduce. E so di avere scelto una buona guida. O, magari, è Lui che ha scelto me. O, per esser equi, sappiamo di esserci scelti a vicenda. 
Per due volte, la Vita mi ha costretto a pronunciare queste parole:


“Io ti amo, e voglio che resti per sempre con me; ma se il dolore di questo corpo è troppo forte; se il peso della sofferenza è troppo grande e il ticchettio dell’ultima ora è divenuto insopportabile … Io non ti trattengo. 
Se devi andare … Ti lascio andare”.


Due volte. Forse tre, se includo quella in cui questo discorso era rivolto a me stesso.
Non si muore solo quando il cuore smette di pulsare; si muore quando la Vita smette di fluire. L’arresto degli organi vitali è solo una conseguenza inconscia di una Non-volontà o Non-capacità di proseguire l’avventura terrena. L’esperienza personale mi ha insegnato che un corpo cede solo se questo è l’unico modo per salvaguardare l’Anima.
Cosa dire di me; sono morto? Si. Il mio cuore ha mai smesso di battere? Certo che si. Sono rinato? Questo devo ancora scoprirlo.
Quello che ho imparato è che la nostra nascita terrena sembra un atto voluto da altri (il karma che ci vuole quaggiù; mamma e papà che ci hanno voluti qui ecc.), ma RINASCERE è un impegno, una scelta che è SOLO NOSTRA. In questo, non c’è nessun altro responsabile se non NOI STESSI. 
Quando ho lasciato andare coloro che amavo, e che amo ancora con tutto me stesso, è stato un atto di indicibile dolore, per me. Ma amorevole verso loro.
Quando ho lasciato morire me stesso, stavo lasciando andare qualcuno a cui tenevo molto, forse anche troppo, ma DOVEVO, affinché un nuovo ME spuntasse da quella crisalide con le sue ali di falco.
Quando nasciamo la prima volta, e siamo poco più che simpatici fagotti frignanti, il lavoro e la fatica è di chi ci consegna alla Luce di questo Mondo; ma, quando RI-NASCIAMO mentre siamo in vita, semmai accettiamo di rinascere, il dolore è tutto nostro; lo sforzo, il sudore, il tormento delle carni che si dilatano per lasciar sbocciare l’Anima, è SOLO nostro. Un dolore insostenibile. Ma che non mi pentirò mai di aver scelto.


Il film “The Crow: City of Angels” è il volenteroso ma deludente sequel del primo, grande “The Crow” con Brandon Lee; l’attore del seguito, Vincent Perez, ha carte buone nel suo repertorio, ma va giù per knock-out alla prima (e ci sarebbe andato chiunque) nel confronto col figlio di Bruce Lee.
A pochi minuti dalla fine, però, ci regala un motivo per distillarne una goccia d’oro da conservare. Una frase che porterò sempre con me.


Judah Earl, l’antagonista cattivo, sentenzia: “Non hai più nessun potere; non ti è rimasto che il dolore”;
Replica Ashe (Vincent Perez), con me che lo accompagno all’unisono: 
“IL DOLORE È IL MIO POTERE”.


Il peso che decidiamo di sostenere nel lasciar andare coloro che amiamo, e anche nel lasciar andare quello che amiamo di Noi stessi … quel dolore tempra, forgia, scolpisce, addestra e rimette a nuovo l’Anima.
Ho imparato che il suo peso è la fonte di energia che permette al ME di diventare TE, e al pronome IO di diventare NOI.
Perché da questa esperienza, prima o poi, passiamo tutti. O non saremmo qui.


- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 


(P.S. nella foto, il mio incontro con me quando ero piccolo ...)

venerdì 17 novembre 2017

NOI SIAMO LA RADICE DELL’UNIVERSO



Secondo Sitchin (e quindi tutti gli adepti che lo seguono a testa bassa), non esiste idea del mondo ebraico che non sia stata trafugata dai suoi amici Sumeri. Ma, nell’elenco delle invenzioni in cui i Sag-Giga primeggerebbero, non figura la Cabala.
E non poteva essere altrimenti, dato che la Cabala È comprensione, esaltazione e applicazione della Parola di Jahweh. Inaccettabile, se sei un Anunnaki di Aldebaran.
La Cabala è l’interpretazione mistica dell’Antico Testamento (scritto da Ebrei, non da Sumeri) e la sua struttura, seppur complessa, è molto semplice quando spiega l’origine della Vita. Semplice se ami assumerti le tue responsabilità; incomprensibile per chi è allergico alla parola “responsabilità”.

Genesi 1,1
In principio Elohim creò i Cieli e la Terra.

Perché “i Cieli”, plurale? Perché i piani d’esistenza dell’Universo sono molteplici: 4 macro-dimensioni che accolgono 9 dimore celesti (Keter, Binah, Tifereth, Chesed ecc., secondo gli autori della Genesi, esistono più “Cieli”, cioè più dimensioni, più piani di esistenza), e poi ci siamo Noi, gli abitanti della Terra. Le prime 9 costituiscono il “Regno dei Cieli”; Noi, la decima, non ne facciamo ancora parte. Ma potremmo presto farne parte.
“Creò i Cieli E la Terra”. Quella “E” congiunzione deve farci riflettere: la Creazione dell’Universo è stata istantanea; non c’è un prima e un dopo. La Terra è nata nello stesso momento in cui sono nate le altre dimensioni.

L’immagine associata con maggiore ricorrenza alla Creazione è l’Albero della Vita, un albero nel quale ogni Cielo è un frutto e ogni elemento è parte di un sistema che ha bisogno di tutte le sue diramazioni per sopravvivere. Ma non esistono alberi senza radici; e indovinate chi è la radice dell’Universo da Lui creato?
Noi.
La tanto osannata Teoria degli Anunnaki racconta la storiella dall’astronave vagante che scopre per caso il nostro pianeta e lo colonizza perché ha bisogno di materie prime e di schiavi sfornati in laboratorio, cioè Noi terrestri (ma ci avete creduto davvero??); al contrario, la Cabala afferma che tutto l’Universo poggia su Noi. E si affida a Noi. Nessuna dimensione celeste sopravvive se smettiamo di sostenere la Creazione. Non un semplice frutto, ma la radice stessa della Vita. Questo siamo per Nostro Padre. Ai Suoi occhi, la Nostra sopravvivenza è quasi più importante di ogni altra Sefirah. Se perde Noi, ha perso tutto. 
Ma perché dovrebbe temere di perderci?
Perché dov’è la Luce, si cela l’Ombra; dove c’è Amore, il Male punta le sue prede. I parassiti non approcciano altri parassiti ma si annidano dove l’esistenza è ancora Vita.
La nota dolente della Creazione è l’Albero della Morte, che si sviluppa indipendentemente dalla Volontà del Padre in senso inverso all’Albero della Vita, ed è dominio dell’Ombra, dimora delle mostruosità che la Bibbia chiama Shedim; non propriamente “demoni”, ma “ombre” (dalla stessa radice deriva il termine inglese shade, “ombra”). Più ci si allontana dalla Luce della Vita, più si precipita nell’Ombra. I suoi servitori sono sempre in agguato, nell’Universo e sulla Terra. Il loro compito è lasciarci fagocitare dall’Oscurità per decretare la fine della Creazione di Nostro Padre. Hanno un solo scopo: distruggere la Vita e vanificare il Progetto Divino. E, inconsapevolmente o meno, molti Terrestri partecipano a quest’opera.
Con buona pace di Sitchin, dei suoi odierni, numerosi discepoli e delle boutade fantasy-horror che raccontano, NOI SIAMO LA RADICE DELL’UNIVERSO e L’UNIVERSO DIPENDE DA NOI. Questo ci dice la Cabala.
Dar credito alle menzogne costruite a tavolino dall’élite per sollevarci da ogni responsabilità e convincerci che siamo qui solo per far da comparsa, è tipico di chi ci vuole morti mentre siamo ancora vivi.

Davvero vogliamo lasciare che questi Figli della Perdizione lascino precipitare la Nostra Casa nel Buio del Nulla? È così facile convincerci a mollare? Noi, creati a Sua immagine, siamo davvero così facili da raggirare?
Io non credo. So che non Lo deluderemo. Noi non saremo complici di questo complotto. L’Universo si attende da Noi la scelta giusta.
È il momento di avere coraggio; il coraggio è nel cuore, e il cuore è la Casa del Padre quando dimora in Noi.
Ripaghiamo la fiducia che ha riposto in Noi. Perché, se non è ancora chiaro, ci ha affidato la sopravvivenza di tutto ciò che ha Creato. Folle? Può darsi. Tanto folle quanto può esserlo solo un Padre che si fida dei Suoi Figli.

- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

martedì 14 novembre 2017

UNA SCINTILLA DIVENTA UN FARO

10 - 12 novembre. Era da molto tempo che evitavo l'Oltre; troppo doloroso per me riavvicinarmi ad una dimensione che ha abbracciato così presto alcune Anime a me care - ma quando ami, ogni momento sembra sbagliato per dirsi Addio.
Questo era il mio primo invito ad un convegno di medianità, come relatore e come ospite. L'ho approcciato con una grande carica emotiva perché sapevo che era giunto il momento di confrontarmi con tutte le cose che "Ho Messo Via", come dice Liga. Sapevo che avrei conosciuto Anime che mi avrebbero dato tanto, come Barbara e Antonio, e che avrei riavvicinato altre Anime che non camminano più con Noi ma sono sempre tra Noi. La bellezza del contesto mi ha rapito al punto da suggerirmi di restare una notte in più per non perdermi nulla di quel dono.


A volte, le vibrazioni positive raggiungono vette così elevate da coinvolgere parti di te che non sapevi esistessero. Il cuore pulsa a mille, la magia entra nell'Anima con il respiro. Quando le emozioni provate all'unisono da un collettivo diventano così sottili e potenti, fai fatica a contenerti e hai reazioni forti: ti commuovi, senti una gioia di una sovrannaturale provenienza; sei felice e non sai se puoi dire di esser mai stato così felice.
Quell'incantesimo che, come dice Barbara, ti fa percepire come l'Uno-Diviso sia solo in apparenza diviso, permea e abbraccia chi è disposto a lasciarsi avviluppare, e trasforma una scintilla in un faro, la simpatia in amore, la dolcezza in empatia. Al contrario, a volte quella stessa Luce che riscalda e rasserena, può acuire l'aridità di chi si è reso immune ad essa. Così un campo sterile diventa un deserto arido, e un sopito livore diventa esplicita avversione. Non tutti reagiscono allo stesso modo quando ascoltano Parole di Luce.
Ci siamo scambiati doni, sorrisi, angioletti di cera, gusci di conchiglie, libri, stelline raccolte in Cielo; gesti d'amore e incoraggiamenti che risuonavano come formule magiche; ci siamo sentiti parte di una forza benevola per la quale avremmo voluto - immagino di interpretare il desiderio di molti - non andare più via da lì e restare per sempre assieme.


Non ho ancora metabolizzato del tutto. 
Ma ho compreso questo: chi confina la propria vita in un antro oscuro e riempie il suo cuore di un vuoto deserto, non è necessariamente un operatore oscuro consapevole. E' soltanto uno che non ha capito. E che non vorrà capire. 
Chi spreca il potere della parola per danneggiare, crea soltanto voragini in se stesso, e tanta compassione in chi le riceve, ascolta. O legge.
In questi giorni ho provato gioie di raro candore. Ma anche tanta, infinita pena per chi ha scelto di restare uno Smarrito.
Il dono più bello che ho ricevuto: tre paroline che ho scolpito sul mio cuore:
Sei.
Molto.
Amato.


Ci vediamo al Bivio, Ragazzi, 
e so che, con molti dei presenti al Convegno Parole di Luce, ci ritroveremo di sicuro Oltre.
VVB 

lunedì 16 ottobre 2017

IL MONDO È UNA MINIERA D’ORO

Lei è sempre li. Un po' Alice, un po' Coraline, siede in un angolo, sempre lo stesso. Non parla, non partecipa. Ma è sempre lì che ascolta. Anche se ripeto la lezione due volte, vuol riascoltare perché – dice – quando ritorno su un argomento, c’è sempre qualcosa da imparare.
L’unico momento che mi concedo è un gesto rituale prima iniziare, quando faccio tintinnare il suo dono da lontano, quel dono che porto sempre con me, e di cui vi dirò alla fine.
Ultimo giorno, ultima lezione del primo anno. Avevamo avuto la stessa idea, scambiarci qualcosa che riassumesse, con un gesto, il senso di un percorso fatto assieme.
Quando entri nelle grandi librerie, ci sono questi cesti enormi colmi di peluche. Sono centinaia, tutti uguali, stoffa uguale, cuciture uguali, imbottitura uguale, macchina che li sforna uguale. Anche la targhetta che ne attesta l’autenticità è uguale. 
Ma quando ne scegli uno, uno tra i tanti, non è più un anonimo prodotto di fabbrica. Diventa quello che tu hai scelto. Mi piaceva perché sembrava avesse gli stessi occhi curiosi di quella che io chiamo “piccola pietra di giada”; dicono che questa bellissima roccia verde ha un potere magico, cura il cuore e veicola le emozioni.
Ho cosparso il piccolo peluche dai grandi occhioni con un’essenza che viene da lontano e che oggi non si produce più. Era il lascito di qualcuno che ormai è lontano e che non ritornerà mai più.
Quando le ho consegnato quel fagotto profumato, era come un attestato di fine anno e non mi aspettavo che avesse anche lei qualcosa per me. Quel soffice gomitolo di stoffa non era più un oggetto qualunque: era per un simbolo di gratitudine, un gesto di amicizia. Lei ha fatto il resto, ha caricato quel dono di significati più grandi, rendendolo ancora più prezioso. Lo porta con sé nei viaggi, lo custodisce come fosse un tesoro, È così che un oggetto uguale agli altri diventa un pezzo unico e raro, più bello, più lucente, che vale più di qualsiasi gioiello.
Come sarebbe il mondo se fossimo in grado di trasformare ogni anonimo scarto, se riuscissimo a far sentire ogni anima che crede di essere “una tra le tante” come se fosse ciò che è, un dono unico e raro? Cosa diventerebbe il nostro pianeta se ogni foglia di ogni albero, ogni pietra ai bordi della strada, ogni soffio d’aria, ogni animale, ogni fratello, ogni sorella, ogni altro abitante che si trova lontano, con il nostro aiuto, riscoprisse di essere un frammento unico e raro della Vita? 
Faremmo del mondo una miniera d’oro. Dove tutto risplende e ha valore.
E, infine, il suo dono. Una piccola bussola, molto fine, ricercata, discreta e semplice, di cui ho capito il significato un po’ di tempo dopo. Era un modo per dirmi: “Ormai ti conosco Prof; quando ti sentirai perso, saprai a quale bussola affidarti per uscire dal buio”. Ecco, un altro semplice oggetto che acquista un valore immensamente grande.

Chi zittisce e non ascolta, precipita il pianeta nell'ombra; chi vaga insegnando che questo pianeta è un laboratorio e noi un esperimento, non solo sbaglia sapendo di farlo. Offende e Vi manca di rispetto.
- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi 
(anche se a volte proveranno a separarci)
VVB

giovedì 12 ottobre 2017

GLI ANUNNAKI SUMERI SONO GLI ARIANI DEI NAZISTI

Antico culto del Toro; Satanismo d’Élite (quello che si pratica nelle ville dei ricchi dove si riuniscono i potenti, anche in Italia); crociata contro i Catari; congiura contro i Templari; persecuzioni antisemite, Nazismo, celebrazione degli Anunnaki sumeri e mortificazione degli Elohim biblici: cosa unisce questi eventi in apparenza disgiunti?
La sottotraccia della Storia Umana racconta di Due Linee di Sangue geneticamente predisposte sin dalle origini ad accogliere, nel tempo stabilito, l’incarnazione terrestre di Jahweh e di Lucifero, il Cristo e l’Anticristo, il Salvatore e il Traditore.
Negli ultimi 100 anni abbiamo conosciuto due degli aspetti più efficaci della propaganda satanica: il Nazismo e la costruzione ad hoc della “Teoria degli Anunnaki”.
Cosa accomuna Nazi ed Anunnaki?
I Nazisti dell’Ahnenerbe sostenevano che, all’alba dei tempi, gli Ariani Celesti erano giunti sulla Terra per dominare il pianeta costituendo due imperi, quello Atlantideo e quello Sumero, in seguito spazzati via dal Diluvio Universale cagionato dai Creatori a causa del malcostume e della violenza che gli Intrusi avevano diffuso tra gli Uomini.
I fanatici nazisti acclamarono Hitler come il “Messia degli Ariani”; il suo compito era cancellare, prima che fosse tardi, ogni traccia della Stirpe davidica e del suo Discendente, e predisporre la Terra al dominio della Razza Superiore, gli Ariani Celesti con cui era entrato in contatto grazie al suo mentore, il maestro della Thule Dietrich Eckart, il quale disse del suo allievo: “Noi gli abbiamo fornito i mezzi per comunicare con LORO”.
Ma, da Hitler a Goebbels, nessuno dei gerarchi nazisti esibiva il “tratto ariano” (alti, biondi, occhi azzurri); perché, allora, consegnare il mondo ad una razza non terrestre così diversa da loro? Perché gli apostoli del Sole Nero erano nulla più che schiavi degli Ariani, esecutori materiali di un apocalittico progetto di conquista.
La dimora celeste degli Anunnaki celebrati dalla fantastoriografia moderna è Aldebaran, l’Occhio Sinistro del Toro, il simbolo degli Illuminati di Baviera stampato sulla banconota da un dollaro, quegli Anunnaki dalle corna di Toro che lo stesso Sitchin considera il corrispettivo biblico degli Angeli Caduti, non degli Elohim Creatori. Questo dev’esser chiaro: gli Anunnaki e le bestialità con sembianze taurine adorate da Sumeri e Cananei sono ANGELI CADUTI, Intrusi che hanno corrotto il mondo allontanando l’Uomo da Dio.
Da quale stella giungono gli Ariani Celesti?
Accademici, occultisti e medium nazisti non avevano dubbi (ma non troverete nulla a riguardo in italiano): gli Ariani di Hitler provengono da Aldebaran. Il loro nome è AldebAriani. Il loro idioma è l’Ana’kh, la “lingua degli Anunnaki”.
L’inganno è rivelato: GLI ARIANI SERVITI DAI NAZISTI SONO GLI ANUNNAKI SUMERI celebrati dalla parte oscura della ricerca mondiale e venerati dai potenti della Terra.
Cambiano le tecniche di persuasione, gli strumenti di divulgazione, i volti, le divise ma i Padroni restano.

Anunnaki e Ariani; due nomi, una razza, una stella, un solo intento: convincerci ad odiare il dio biblico, annichilirci con la mascherata dell’uomo/schiavo, lasciarci dominare e consegnarci a Loro.
Qualunque versione darà la Storia dei fatti esposti, un punto resta: io li ho smascherati. La celebrazione della falsa superiorità degli Anunnaki sumeri e l'umiliazione degli Elohim nostre guide vuol predisporre un mondo ostile al Nostro Fratello Maggiore, quando il Suo tempo verrà.
Noi non lo permetteremo. Lo chiamano “Falso Dio”, “Falso Testamento”. Io dico che il Falso vien da loro, dai Falsi Profeti degli Anunnazi.
È il momento di depurare l’aria dalla nauseante fragranza delle loro imposture; è il momento di far conoscere ovunque la verità che si cela dietro la più grande impostura degli ultimi 30 anni.
È tempo di riprenderci il pianeta.


- Ci vediamo al Bivio, ragazzi.

VVB

mercoledì 4 ottobre 2017

LA FINE DEL SECOLO DI SATANA: 13 ottobre 1917 - 13 ottobre 2017

Con un incidente che poteva costarmi caro, il 13 ottobre 2010 ha inizio la mia avventura nel mondo della ricerca. Ma qui le vicende personali sono un minuscolo, insignificante tassello che si perde nel grandioso mosaico costruito nei millenni.
13 ottobre 1884: dopo una visione che presagiva un imminente periodo di tribolazione durante il quale l’Umanità, sollecitata dal diabolico bisbiglio, avrebbe rivelato tutto il suo potenziale autodistruttivo, papa Leone XIII compose l’“Esorcismo contro Satana e gli Angeli Ribelli”, un potente formulario in grado di scacciare le presenze demoniache che occupano e usano corpi umani per compiere atti disumani. Il periodo di tribolazione è stato definito il “Secolo di Satana” e ha avuto inizio il 13 ottobre 1917, giorno dell’ultima apparizione mariana a Fatima.
Questa data ricorre in numerose altre vicende storiche:
- il 13 ottobre 1918, mentre è impegnato sul fronte belga, Hitler viene reso temporaneamente cieco dal gas iprite rilasciato da una granata inglese; i Tre Giorni di Buio che seguirono, aprirono il varco che trasformò lo spento caporale nel demoniaco Führer che bramava di cancellare ogni Giudeo dal pianeta;
- il 13 ottobre 1792 viene posata la prima pietra della Casa Bianca che, dal 1800, è la residenza dei Presidenti degli Stati Uniti d’America; 
- venerdì 13 ottobre 1307, il re Filippo il Bello decreta la fine dei Templari con l’arresto di 546 cavalieri, tra i quali Jaques de Molay, Ultimo Gran Maestro dell’Ordine.

Il valore simbolico che il numero 13 ha per la Via Oscura è espresso senza alcun pudore nei 13 livelli della piramide che sostiene l’Occhio degli Illuminati (l’Occhio del Toro, la stella Aldebaran) sulla banconota da un dollaro, ma la sua importanza strategica nella lotta tra Bene e Male risale alle origini dell’Antico Egitto quando, in corrispondenza di questa data, il Lato Luminoso conseguì un risultato di cui fornisco maggiori dettagli nel testo.
Ciò che conta, ora, è il significato che ha per noi il venerdì 13 ottobre 2017. Il giorno in cui si chiude il Secolo di Satana. Cosa implica la conclusione di questo periodo? Segna la fine della libertà incondizionata concessa all’Ombra per vessare le anime terrestri e condurre il mondo ad un passo dal baratro. Falsi Profeti e Senz’Anima sono stati sul punto di farcela. Ma siamo ancora qui. In pochi, meno rumorosi degli Altri, Ma Siamo Qui.

Abbiamo scelto questo giorno per lanciare un segnale, celebrare un nuovo inizio, porre sul cammino una pietra miliare con su scritto: “Ora si fa sul serio”. Abbiamo lasciato che oscurassero il Cielo con la fuliggine delle loro bassezze contro Noi che sogniamo, contro i Nostri Fratelli di Luce e contro Dio. Hanno risvegliato odio e antisemitismo, fomentato quella superficialità spicciola con cui si liquida il Sacro come qualcosa per cui provar vergogna. 
13 ottobre 2010. 
Scampato per volere supremo al sollievo dell’oblio, ho promesso e non mi sono pentito che, negli anni a seguire, avrei dedicato parte della mia vita allo studio e all’ascolto, per consentire a Tutti di conoscerlo come in molti vorrebbero non accadesse. 4 libri come 4 le lettere del nome.
Oggi posso dire di aver tenuto fede alla promessa. E ora TUTTI sapranno cosa si cela dietro l’inganno dell’irresponsabilità sociale di cui siamo stati vittime. Il loro tempo è finito; non abbiamo ceduto alle false parole dei Falsi Messia.
13 ottobre 2017. 
Adesso tocca a Noi.

- Ci vediamo al Bivio, ragazzi.
VVB

domenica 1 ottobre 2017

IL PRIMO SECOLO DEL TERZO MILLENNIO

Fino ad oggi, abbiamo concesso ad insaziabili profanatori il diritto di esprimere la loro opinione sul Sacro, sul Divino, sui Nostri Fratelli Celesti. Hanno apostrofato Cielo e Terra, Uomini e Déi spogliando ogni realtà di qualsiasi valore. Per il gusto di danzare su un mucchio di macerie.
Abbiamo ascoltato sbigottiti, molte volte in silenzio, spiazzati da tanto furore, da una così feroce e persistente ostinazione nel convincerci che siamo “esperimenti” realizzati da brutali “alieni”. E il peggiore di questi, dicono, sarebbe il Dio in cui crediamo.
Abbiamo temuto per noi stessi, consapevoli che, oggi, confermare il Nostro Amore per il Padre significa restare isolati, essere considerati scarti di un mondo che non vuole più sentir nominare Dio.
Abbiamo accettato che una parte del pianeta non solo si allontanasse, ma si impegnasse ad allontanarci da Lui. Ma siamo stati bravi. Abbiamo opposto resistenza. Non ci siamo piegati. Non siamo caduti in nessuna trappola. E ora siamo qui. Alle soglie della conclusione di un’Era di odio che non vuole mollare la presa sul nostro tempo.
Le Anunnakerie alla Sitchin hanno fatto il loro tempo. I giochi di prestigio dei suoi seguaci a noi contemporanei non ingannano più chi guarda verso l’alto.

Noi. Siamo. Il Nuovo.
Dimostrerò che la sistematica demolizione del Nostro Padre ha un mandante e un movente. Sul mandante, avremo modo di tornarci. Riguardo il movente, ogni anima coinvolta in questa sottile contesa, sa benissimo che, da tempo immemore, mistici, esoteristi, scienziati, politici, da Isaac Newton a Eliphas Levi, annunciano che il Primo Secolo del Terzo Millennio è il tempo in cui Egli si incarnerà e tornerà a vivere tra Noi. L'ossessiva profanazione della Bibbia ha lo scopo di preparare un mondo ostile al suo RITORNO.
Loro ci proveranno. Noi risponderemo.
Tenendo Fede all'Amore che non ci ha mai abbandonati.
Piero Ragone
VVB

martedì 26 settembre 2017

DESTINAZIONE TERRA


Il passaggio che unisce due vagoni in un treno medio da classe operaia ricorda l’ingresso delle case horror dei Luna Park anni ’80, quando ancora potevi veder pendere cavi elettrici e strutture portanti come parte integrante dell’attrazione.
Luci, musiche e suoni di sottofondo cedono il passo a tunnel tenuti assieme da braccia invisibili, echi profondi scanditi dal vento e voci metalliche diffuse da corni antichi. 
Le stazioni sono i luoghi degli addii e degli abbracci, dei “dolorosi doveri e degli strazianti distacchi”. 
L’essenza ontologica dei bambini dovrebbe essere giocare e ridere; eppure lì, davanti a me, c’ere una bambolina in miniatura in braccio al Padre; affannato, preoccupato, il Papà aveva premura di lasciare la piccola in tempo nel Luna Park vagante, prima della partenza, assieme a tutti gli altri piccoli, pronti per andare. Ma, quando lascia il fagottino su quel sedile, troppo grande per non rischiare di inghiottirla, la piccolina non sembra felice. Ha il broncio di chi deve decidere se vale la pena piangere. Il Padre la saluta con affetto, poi mormora paroline infantili, consegnando in quelle mani minute un biglietto con scritte incomprensibili.
                     

“Perché Papà mi sta lasciando? – avrà pensato la piccola - Non mi vuole più bene?”.
Si ostinava a guardare quel biglietto cartonato riversandogli contro il suo disprezzo. Era lui il colpevole. Lui la portava lontana da quel Padre che si rendeva ridicolo per attrarre l’attenzione della piccola, strappare ancora un lieve sorriso a quel musetto imbronciato. Ma la risposta della bambolina era il freddo sguardo vitreo di chi non vuole dire addio. Come se la colpa fosse del Padre o del biglietto. 
La meta è scritta, lì, tra quelle righe, ma appare ignota. Ancora troppo piccoli per leggere, non sappiamo ancora che quel viaggio ha un ritorno assicurato. “Ecco – diciamo – tutti i Papà fanno così: ti mandano con gli altri bambini in un posto in cui nessuno vorrebbe andarci”.
“Cosa vuole da noi questo luogo? E, se ne avrò bisogno, potrò chiedere a Papà di ritornare a prendermi?”.
Ma non c’è colpa nel Padre, che ci ha lasciati su quel treno, destinazione Terra, e non c’è colpa nel biglietto, perché quel viaggio è pagato con la nostra carta di credito karmica. 
È per dare a noi una chance di rimediare ad errori passati, e consentire al mondo di risollevarsi con il nostro aiuto. Per questo dobbiamo partire. 
Metterci in viaggio è nostro dovere. Ce la prendiamo con il Padre che ci accompagna, che si rende buffo per farci sorridere, che dice di star tranquilli, perché ritorneremo, e ci rivedremo, e rideremo ancora insieme. 
Non siamo lucidi abbastanza per comprendere che, metterci sul quel vagone, è il più grande Dono che Lui possa farci: il viaggio premio di una vita sul suo capolavoro azzurro.
Con la promessa scritta del ritorno. 
E la certezza che, ad attenderci presso i binari dei dolori addii, ci sarà ancora Lui, sorridente come lo è chi non ti vede da tanto tempo ... lo stesso Papà che non abbiamo voluto salutare, imbronciati, alla partenza, questa volta sarà lì per riprenderci.
E riportarci finalmente a Casa. 
VVB

domenica 20 agosto 2017

MEMORIE DELL’EDEN

La piccola casa era spuntata su una collina di zucchero, con un castello medievale e una chiesetta a proteggere i suoi orizzonti.

La notte sapeva essere così profonda da scoraggiare quelli della mia specie a guardarla negli occhi; si spingeva oltre una strada color carbone che si immergeva in una liquida oscurità e, da laggiù, proveniva di tutto: passanti, girovaghi, messaggeri, esseri di mondi innocui. A volte nel buio rantolava un  motore invisibile, un sibilo danzante, una musica senza strumenti.

Io sedevo sul palmo di una mano rosea contornata da alberi senza frutti e coperta da cieli pieni di amici. Le panchine, attorno, brillavano di lucciole di cartapesta.
E vedevo le vite sommerse, i viaggi ininterrotti tra il silenzio e le promesse; immaginavo i posti da cui provenivano, le parole che avevano inciso, i ricordi che avevano lasciato. Ero spettatore di ogni anima che voleva essere ammirata, che usciva dal buio e ritornava nel buio, illuminandosi solo nel tempo del passaggio.
Ero un re su un trono di arcobaleno.
E mi sentivo al centro del mondo.
Quel posto esiste. Il suo nome è ovunque. Cercate sulle mappe, cercate nelle cronache, cercatelo nei Testi Sacri.
Ma se non ci crederete non lo troverete.
Alcune favole hanno bisogno di essere vissute prima di essere trascritte.
VVB