PIERO RAGONE è filosofo, ricercatore, scrittore, studioso di religioni e di esoterismo. Il suo campo d’indagine è tutto ciò che la scienza non è in grado di spiegare. Laureato in Filosofia nel 2001, consegue due master e nel 2017 riceve la laurea honoris causa in Scienze Esoteriche. Autore di numerosi testi di successo, è ospite di convegni nazionali ed internazionali e il suo nome è accostato ai maggiori interpreti della ricerca italiana e mondiale.

giovedì 30 novembre 2017

40 ANNI NEL DESERTO

Se non trovi il tuo centro, non avrai la tua orbita e, se non hai un’orbita, è come non avere vita. Resti immobile, non ti disponi per ricevere i raggi del Sole. Esisti solo perché hai cominciato a esistere.
Oggi credo di avere un asse attorno al quale la mia vita danza con passi introversi; ho affidato la mia orbita al Sole di “Uno di Famiglia”, il Fratellino Maggiore che ci guida al Padre. Ma non è stato sempre così. 
Quando ero un bambino, mi capitava spesso di percepire una specie di “chiamata”. Descriverla, adesso, sarebbe difficile; quello che so, è che fuggivo. La mia risposta era sempre No. All’inizio mi spaventava – Chi mi cerca? Cosa vorrà da me? mi chiedevo -; poi, nell’adolescenza, il mio No divenne insolente. Volevo la mia libertà. Volevo essere l’unico condottiero del mio vascello, e guai a sostituirmi alla guida. Volevo essere libero di sbagliare e di farmi strada attraverso lividi e fallimenti. 
“Non ti cercherò mai – dicevo – lì nel Cielo oltre il quale ti nascondi”. 
La cosa mi fa sorridere, se penso ad una frase che riportavo sin da allora come frontespizio dei miei quedernetti:

“Il Tuo Destino ti Troverà per quanto Lontano Tu Possa Essere” .
L’ho sempre scritto senza averlo mai capito.
Ma le cose, a volte, cambiano. 
Finché la mia risposta era NO, gli appunti di Dio sono rimasti nel cassetto; quando ho voluto darci un taglio con la mia ottusità, ho visto. E ho sorriso per la seconda volta. 
Il 2011 doveva essere l’anno in cui avrei dovuto dire addio a questa sfera azzurra; ma Papà ha pensato di regalarmi un altro viaggio premio sul suo capolavoro. Eppure, stizzito, ancora chiedevo: “Per quanto mi tratterrai in questo deserto?”. Strana scelta di parole: “mi tratterrai”, perché sapevo che era una Sua decisione; “deserto”, un luogo in cui pensi di esser confinato per punizione, e invece …

Oggi posso dirlo: sapevo che parte del mio compito qui era completare quattro libri, prima di servirlo in altro modo. E sapevo che dovevo adempiere a tutto questo prima di compiere 40 anni (2011-2017). Ed è così che è andata. Papà mi ha trattenuto con sé nel deserto per 40 anni, prima di lasciarmi andare verso la mia Terra Promessa. È questo il destino che ti cerca per quanto lontani si possa essere; era lì che dovevo aspettare, nel deserto, nel luogo che ha fissato per la mia nascita terrena.
Deuteronomio 33,2:
“Jahweh è venuto dal Sinai e si è levato su di loro da Seir (non vi ricorda Sirio?); è apparso nel suo splendore dal MONTE PARAN”.

E il paesino in cui sono cresciuto e dove ho le mie radici e si chiama Monteparano, provincia di Taranto; qualunque cosa voglia dire, dovrò ancora lavorarci su.
40 anni nel deserto prima di avviarmi verso la mia Terra Promessa. Una Terra che probabilmente non vedrò. 
Ma la parte migliore viene adesso.
Alcuni dei Ragazzi del Bivio a me più vicini, sapevano questo da molto tempo, e si chiedevano se e quando l’avrei scritto; ecco, l’ho fatto adesso, in un giorno che apre un forte portale tra qui e lì.
Chi mi ha incontrato, una di queste sere, ha detto: “Hai gli occhi di chi non mangia, non dorme, non trova pace”. Non proprio. Sono gli occhi di chi ha cominciato a seguirlo nel Cielo oltre il quale vuol essere cercato. È un impegno che faticoso ...

Coelho ha scritto: “È la possibilità di realizzare un sogno che rendere la vita interessante”. Ti correggo solo un pò, fratello Paulo: “È la possibilità di viverlo, quel Sogno, che rende la Vita straordinaria”. Non siete d’accordo?
- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

martedì 21 novembre 2017

IL DOLORE È IL MIO POTERE

Nel complesso, mi ritengo un uomo fortunato. Perché ho avuto tutto dalla vita e la mia esistenza, sinora, è stato un party a bordo piscina? Niente affatto.
Sono fortunato perché la Vita mi ha tolto in misura maggiore di quanto mi abbia dato.
A volte, quando mi guardo attorno, vedo solo oggetti e ricordi di quelli che hanno intrapreso il viaggio di ritorno verso Sirio. Sono circondato dalle loro immagini, da monili che mi parlano di loro: statuine di fate colorate, abiti che non oso rimuovere, collane che non potrei mai indossare; oli preziosi per donna, che al solo tocco mi commuovono; pannolini per cuccioli, purtroppo mai utilizzati.
Alcuni di Noi hanno più passato che futuro; alcuni hanno più ricordi che giorni da spendere.
La Vita mi ha condotto dai peggiori bar di Caracas (in realtà, si tratta di localini di provincia, ma era solo per citare una celebre pubblicità …) alle ville dal lusso eccessivo; mi ha fatto conoscere la strada e le nuvole; la gloria e l'offesa; mi ha offerto il conforto di una stanza e il brivido dei vicoli; la vita mi ha mostrato la banalità della violenza e la pesantezza di una lacrima sconosciuta. Mi ha regalato emozioni di incomparabile bellezza e dolori di insanabile profondità.


Se hai Fede, allora sai di essere come un Veliero, un Vascello votato all’avventura in questo meraviglioso racconto che si chiama VITA: la via da seguire dipende da me, ma anche da Chi mi conduce. E so di avere scelto una buona guida. O, magari, è Lui che ha scelto me. O, per esser equi, sappiamo di esserci scelti a vicenda. 
Per due volte, la Vita mi ha costretto a pronunciare queste parole:


“Io ti amo, e voglio che resti per sempre con me; ma se il dolore di questo corpo è troppo forte; se il peso della sofferenza è troppo grande e il ticchettio dell’ultima ora è divenuto insopportabile … Io non ti trattengo. 
Se devi andare … Ti lascio andare”.


Due volte. Forse tre, se includo quella in cui questo discorso era rivolto a me stesso.
Non si muore solo quando il cuore smette di pulsare; si muore quando la Vita smette di fluire. L’arresto degli organi vitali è solo una conseguenza inconscia di una Non-volontà o Non-capacità di proseguire l’avventura terrena. L’esperienza personale mi ha insegnato che un corpo cede solo se questo è l’unico modo per salvaguardare l’Anima.
Cosa dire di me; sono morto? Si. Il mio cuore ha mai smesso di battere? Certo che si. Sono rinato? Questo devo ancora scoprirlo.
Quello che ho imparato è che la nostra nascita terrena sembra un atto voluto da altri (il karma che ci vuole quaggiù; mamma e papà che ci hanno voluti qui ecc.), ma RINASCERE è un impegno, una scelta che è SOLO NOSTRA. In questo, non c’è nessun altro responsabile se non NOI STESSI. 
Quando ho lasciato andare coloro che amavo, e che amo ancora con tutto me stesso, è stato un atto di indicibile dolore, per me. Ma amorevole verso loro.
Quando ho lasciato morire me stesso, stavo lasciando andare qualcuno a cui tenevo molto, forse anche troppo, ma DOVEVO, affinché un nuovo ME spuntasse da quella crisalide con le sue ali di falco.
Quando nasciamo la prima volta, e siamo poco più che simpatici fagotti frignanti, il lavoro e la fatica è di chi ci consegna alla Luce di questo Mondo; ma, quando RI-NASCIAMO mentre siamo in vita, semmai accettiamo di rinascere, il dolore è tutto nostro; lo sforzo, il sudore, il tormento delle carni che si dilatano per lasciar sbocciare l’Anima, è SOLO nostro. Un dolore insostenibile. Ma che non mi pentirò mai di aver scelto.


Il film “The Crow: City of Angels” è il volenteroso ma deludente sequel del primo, grande “The Crow” con Brandon Lee; l’attore del seguito, Vincent Perez, ha carte buone nel suo repertorio, ma va giù per knock-out alla prima (e ci sarebbe andato chiunque) nel confronto col figlio di Bruce Lee.
A pochi minuti dalla fine, però, ci regala un motivo per distillarne una goccia d’oro da conservare. Una frase che porterò sempre con me.


Judah Earl, l’antagonista cattivo, sentenzia: “Non hai più nessun potere; non ti è rimasto che il dolore”;
Replica Ashe (Vincent Perez), con me che lo accompagno all’unisono: 
“IL DOLORE È IL MIO POTERE”.


Il peso che decidiamo di sostenere nel lasciar andare coloro che amiamo, e anche nel lasciar andare quello che amiamo di Noi stessi … quel dolore tempra, forgia, scolpisce, addestra e rimette a nuovo l’Anima.
Ho imparato che il suo peso è la fonte di energia che permette al ME di diventare TE, e al pronome IO di diventare NOI.
Perché da questa esperienza, prima o poi, passiamo tutti. O non saremmo qui.


- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 


(P.S. nella foto, il mio incontro con me quando ero piccolo ...)

venerdì 17 novembre 2017

NOI SIAMO LA RADICE DELL’UNIVERSO



Secondo Sitchin (e quindi tutti gli adepti che lo seguono a testa bassa), non esiste idea del mondo ebraico che non sia stata trafugata dai suoi amici Sumeri. Ma, nell’elenco delle invenzioni in cui i Sag-Giga primeggerebbero, non figura la Cabala.
E non poteva essere altrimenti, dato che la Cabala È comprensione, esaltazione e applicazione della Parola di Jahweh. Inaccettabile, se sei un Anunnaki di Aldebaran.
La Cabala è l’interpretazione mistica dell’Antico Testamento (scritto da Ebrei, non da Sumeri) e la sua struttura, seppur complessa, è molto semplice quando spiega l’origine della Vita. Semplice se ami assumerti le tue responsabilità; incomprensibile per chi è allergico alla parola “responsabilità”.

Genesi 1,1
In principio Elohim creò i Cieli e la Terra.

Perché “i Cieli”, plurale? Perché i piani d’esistenza dell’Universo sono molteplici: 4 macro-dimensioni che accolgono 9 dimore celesti (Keter, Binah, Tifereth, Chesed ecc., secondo gli autori della Genesi, esistono più “Cieli”, cioè più dimensioni, più piani di esistenza), e poi ci siamo Noi, gli abitanti della Terra. Le prime 9 costituiscono il “Regno dei Cieli”; Noi, la decima, non ne facciamo ancora parte. Ma potremmo presto farne parte.
“Creò i Cieli E la Terra”. Quella “E” congiunzione deve farci riflettere: la Creazione dell’Universo è stata istantanea; non c’è un prima e un dopo. La Terra è nata nello stesso momento in cui sono nate le altre dimensioni.

L’immagine associata con maggiore ricorrenza alla Creazione è l’Albero della Vita, un albero nel quale ogni Cielo è un frutto e ogni elemento è parte di un sistema che ha bisogno di tutte le sue diramazioni per sopravvivere. Ma non esistono alberi senza radici; e indovinate chi è la radice dell’Universo da Lui creato?
Noi.
La tanto osannata Teoria degli Anunnaki racconta la storiella dall’astronave vagante che scopre per caso il nostro pianeta e lo colonizza perché ha bisogno di materie prime e di schiavi sfornati in laboratorio, cioè Noi terrestri (ma ci avete creduto davvero??); al contrario, la Cabala afferma che tutto l’Universo poggia su Noi. E si affida a Noi. Nessuna dimensione celeste sopravvive se smettiamo di sostenere la Creazione. Non un semplice frutto, ma la radice stessa della Vita. Questo siamo per Nostro Padre. Ai Suoi occhi, la Nostra sopravvivenza è quasi più importante di ogni altra Sefirah. Se perde Noi, ha perso tutto. 
Ma perché dovrebbe temere di perderci?
Perché dov’è la Luce, si cela l’Ombra; dove c’è Amore, il Male punta le sue prede. I parassiti non approcciano altri parassiti ma si annidano dove l’esistenza è ancora Vita.
La nota dolente della Creazione è l’Albero della Morte, che si sviluppa indipendentemente dalla Volontà del Padre in senso inverso all’Albero della Vita, ed è dominio dell’Ombra, dimora delle mostruosità che la Bibbia chiama Shedim; non propriamente “demoni”, ma “ombre” (dalla stessa radice deriva il termine inglese shade, “ombra”). Più ci si allontana dalla Luce della Vita, più si precipita nell’Ombra. I suoi servitori sono sempre in agguato, nell’Universo e sulla Terra. Il loro compito è lasciarci fagocitare dall’Oscurità per decretare la fine della Creazione di Nostro Padre. Hanno un solo scopo: distruggere la Vita e vanificare il Progetto Divino. E, inconsapevolmente o meno, molti Terrestri partecipano a quest’opera.
Con buona pace di Sitchin, dei suoi odierni, numerosi discepoli e delle boutade fantasy-horror che raccontano, NOI SIAMO LA RADICE DELL’UNIVERSO e L’UNIVERSO DIPENDE DA NOI. Questo ci dice la Cabala.
Dar credito alle menzogne costruite a tavolino dall’élite per sollevarci da ogni responsabilità e convincerci che siamo qui solo per far da comparsa, è tipico di chi ci vuole morti mentre siamo ancora vivi.

Davvero vogliamo lasciare che questi Figli della Perdizione lascino precipitare la Nostra Casa nel Buio del Nulla? È così facile convincerci a mollare? Noi, creati a Sua immagine, siamo davvero così facili da raggirare?
Io non credo. So che non Lo deluderemo. Noi non saremo complici di questo complotto. L’Universo si attende da Noi la scelta giusta.
È il momento di avere coraggio; il coraggio è nel cuore, e il cuore è la Casa del Padre quando dimora in Noi.
Ripaghiamo la fiducia che ha riposto in Noi. Perché, se non è ancora chiaro, ci ha affidato la sopravvivenza di tutto ciò che ha Creato. Folle? Può darsi. Tanto folle quanto può esserlo solo un Padre che si fida dei Suoi Figli.

- Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.
VVB 

martedì 14 novembre 2017

UNA SCINTILLA DIVENTA UN FARO

10 - 12 novembre. Era da molto tempo che evitavo l'Oltre; troppo doloroso per me riavvicinarmi ad una dimensione che ha abbracciato così presto alcune Anime a me care - ma quando ami, ogni momento sembra sbagliato per dirsi Addio.
Questo era il mio primo invito ad un convegno di medianità, come relatore e come ospite. L'ho approcciato con una grande carica emotiva perché sapevo che era giunto il momento di confrontarmi con tutte le cose che "Ho Messo Via", come dice Liga. Sapevo che avrei conosciuto Anime che mi avrebbero dato tanto, come Barbara e Antonio, e che avrei riavvicinato altre Anime che non camminano più con Noi ma sono sempre tra Noi. La bellezza del contesto mi ha rapito al punto da suggerirmi di restare una notte in più per non perdermi nulla di quel dono.


A volte, le vibrazioni positive raggiungono vette così elevate da coinvolgere parti di te che non sapevi esistessero. Il cuore pulsa a mille, la magia entra nell'Anima con il respiro. Quando le emozioni provate all'unisono da un collettivo diventano così sottili e potenti, fai fatica a contenerti e hai reazioni forti: ti commuovi, senti una gioia di una sovrannaturale provenienza; sei felice e non sai se puoi dire di esser mai stato così felice.
Quell'incantesimo che, come dice Barbara, ti fa percepire come l'Uno-Diviso sia solo in apparenza diviso, permea e abbraccia chi è disposto a lasciarsi avviluppare, e trasforma una scintilla in un faro, la simpatia in amore, la dolcezza in empatia. Al contrario, a volte quella stessa Luce che riscalda e rasserena, può acuire l'aridità di chi si è reso immune ad essa. Così un campo sterile diventa un deserto arido, e un sopito livore diventa esplicita avversione. Non tutti reagiscono allo stesso modo quando ascoltano Parole di Luce.
Ci siamo scambiati doni, sorrisi, angioletti di cera, gusci di conchiglie, libri, stelline raccolte in Cielo; gesti d'amore e incoraggiamenti che risuonavano come formule magiche; ci siamo sentiti parte di una forza benevola per la quale avremmo voluto - immagino di interpretare il desiderio di molti - non andare più via da lì e restare per sempre assieme.


Non ho ancora metabolizzato del tutto. 
Ma ho compreso questo: chi confina la propria vita in un antro oscuro e riempie il suo cuore di un vuoto deserto, non è necessariamente un operatore oscuro consapevole. E' soltanto uno che non ha capito. E che non vorrà capire. 
Chi spreca il potere della parola per danneggiare, crea soltanto voragini in se stesso, e tanta compassione in chi le riceve, ascolta. O legge.
In questi giorni ho provato gioie di raro candore. Ma anche tanta, infinita pena per chi ha scelto di restare uno Smarrito.
Il dono più bello che ho ricevuto: tre paroline che ho scolpito sul mio cuore:
Sei.
Molto.
Amato.


Ci vediamo al Bivio, Ragazzi, 
e so che, con molti dei presenti al Convegno Parole di Luce, ci ritroveremo di sicuro Oltre.
VVB