Per la maggior parte degli utenti è solo un mediocre film anni 80 dal finale prevedibile, con i buoni che vincono sui cattivi. Ma se addestri l’occhio a vedere oltre, scopri che niente è banale e scontato. Nemmeno quando c’è di mezzo lo stereotipato poliziotto italoamericano che non conosce mezze misure, Marion Cobretti, interpretato da Sylvester Stallone, qui chiamato “Cobra”, data l’assonanza con il cognome.
O il motivo è un altro?
Nel primo incontro con il “male”, il tenente deve trarre in salvo degli ostaggi da un membro di una setta di criminali che intende punire la malattia dell’Occidente, la corruzione dilagante, con una serie di eclatanti atti di violenza.
Se prestiamo attenzione ai dialoghi tra killer psicopatici e il nostro amico Cobretti, ci renderemo conto che gli interlocutori non sono uomini ma archetipi di un gioco più sottile.
“Io sono un cacciatore, sono l’eroe del Nuovo Mondo” - esclama il primo killer.
Nella resa dei conti finale, il secondo killer, il più pericoloso, provoca il poliziotto dicendo: “Fermami, semmai ci riuscirai. Anche io ho i miei diritti; arrestami pure, diranno che sono incapace di intendere e di volere. I giudici sono gente civile.”
Stallone risponde idealmente ad entrambi con la frase più nota del film:
“Tu sei il male (you are a disease), io sono la cura (I’m the cure)”.
Bella. Però sbagliata. La versione originale recita: “Tu sei una malattia, io sono la cura”.
Il contrario del male è il bene, l’opposto del buio è la luce, del vuoto è il pieno, della malattia è la cura.
Le “malattie” del film hanno le voci di criminali che affermano di essere “cacciatori, eroi del nuovo Mondo”: e come contraddirli? Non è forse vero che nuove, strane, incurabili malattie fisiche e mentali sono i nuovi cacciatori, i veri padroni del mondo che viviamo?
“Puoi solo arrestarmi”, dice il secondo. Vero, possiamo solo contrastarla, arginarla, non eliminarla; la malattia dilaga anche perché ci sono “giudici civili” che le consentono di restare in vita; non la debellano, non la sconfiggono, anzi ne garantiscono l’oscuro diritto di cittadinanza nel mondo.
Perché lo fanno? A cosa servono esseri umani caduchi, vulnerabili a qualsiasi malattia, preda di psicosi sempre più complesse e di debolezze genetiche incontrollabili? “Diranno che sono incapace di intendere e di volere”, esclama. Vero anche questo: ogni malattia è una piaga senza spiegazione, senza motivo e senza scopo: nessuna origine, nessun senso di colpa. Ma, di solito, quando si fa comodamente ricorso alla formula “incapace di intendere e di volere”? Quando il creatore occulto di queste piaghe è l’uomo stesso: non solo di malattie cliniche ma, soprattutto, di quei mali incurabili che corrodono l’anima dal di dentro.
Una cura dovrà pur esserci; non contro il "Male", il diavolo o l’alieno cattivo ma contro la “malattia”. Non è una pillola che fa miracoli, non è una trasfusione che azzera tutto.
Sly dice: “Io sono la cura”. E qual è il suo nome nel film? COBRA. Il simbolo della Kundalini. Solo la cura interna risana un corpo vessato da malattie fisiche o psichiche, reali o indotte; possediamo dal nascere la capacità interiore di risanare il nostro essere con un veleno più potente dell’inganno e che, a sua volta, annienta la piaga del tormento con un'energia contro cui nessun condizionamento esterno può nulla.
Il Cobra è l'unica cura possibile contro LA “malattia”, quel maledetto male oscuro che ci convince di esser gravemente malati di qualcosa o schiavi di qualcuno senza esserlo davvero.
C’è una malattia criminale là fuori, letale come un virus: è la corruzione di ogni aspetto della vita umana, ormai infetta da ogni tipo di contagio letale. E c’è solo una cura. Potente, risolutiva e che va assunta dal di dentro.
Loro sono una "malattia", e noi non "possediamo" nessuna cura per contrastarla.
Noi "siamo" LA cura che la debella.
Ci Vediamo al Bivio, Ragazzi.