dal libro
Il Tuo destino ti troverà per quanto lontano tu possa andare, Verdechiaro edizioni, 2019.
La domanda dell’eroe
“Se oltrepassi quella soglia, finirai in un mucchio di guai e non potrai cambiare idea”, spiega ancora Jimmy Malone ad Eliot Ness.
“Da un certo momento in poi, non ci sarà più modo di tornare indietro”: spalle al muro, nessuna scorciatoia, nessuna via di fuga “ed è quello il punto al quale devi auspicare di arrivare”, mi ripeteva spesso Franz Kafka durante le nostre notti insonni.
Abbiamo una missione e nessuno ce l’ha spiegata: cos’è il destino?
Chi è il Drago? Come si combatte? Perché i miei sogni lo ridestano? Perché devo affrontarlo se voglio esser felice?
Tutti gli eroi, prima di diventare tali, sono stati assaliti dal dubbio e si sono posti la domanda: “Perché io? Perché spetta a me salvare qualcuno? Perché devo essere io l’eroe? Perché è mio
compito sacrificarmi?”.
È la domanda che ci poniamo tutti: perché io, perché noi?
Sei tu quello che ho scelto
Per compiere un’impresa, devi meritare l’impresa; per ottenere un premio devi essere gradito al premio; per trovare la persona giusta devi essere la persona giusta.
Come ognuno di noi, anche il mio compagno di banco Jean Paul Sartre si tormentava con la domanda dell’eroe, intrattenendosi in immaginari dialoghi con il suo destino, come riporta
nell’autobiografia intitolata Le Parole (1963):
«Cosa possiedo perché tu mi abbia scelto?»
«Niente di speciale.»
«Allora, perché me?»
«Senza nessuna ragione.»
«Ho perlomeno qualche abilità?»
«Nessuna, credi forse che le grandi imprese siano solo per chi
possiede delle abilità particolari?»
«Ma, poiché sono così nullo, come potrei riuscirci?»
«Applicandoti.»
«Chiunque allora, è in grado di farlo?»
«Chiunque, ma sei tu quello che ho scelto.»
“Quando si è pronti per qualcosa, se ne assume l’aspetto”, dice Napoleon Hill.
Jean Paul non ha doti straordinarie, non è un uomo di fede, non è infallibile e non è senza difetti. È un essere umano, è stato chiamato alla sfida con il Drago ed ora tentenna come è accaduto a me, ha dubbi come chiunque, è certo di non possederne i requisiti, proprio come ne è convinto ognuno di noi.
Non possediamo doni particolari, non siamo “benedetti dai risvegli in mare”, scrive Rimbaud ne Il Battello ebbro (1871), e forse non siamo speciali, non siamo esemplari unici e rari, come ripete Tyler Durden ai membri del Fight Club (1999). Ma non abbiamo l’obbligo di esserlo.
Il prologo di questo libro recita: un Drago dorme in ognuno di noi finché il destino non lo ridesta, se siamo forti ci onora, se siamo deboli ci annienta.
Dorme in ognuno di noi: il risveglio del Drago non risparmia nessuno.
“Cosa possiedo perché tu mi abbia scelto? Ho qualche abilità?”indugia il nostro amico Jean Paul.
L’abuso del verbo avere è il sintomo dell’importanza eccessiva che attribuiamo al possesso: no, non hai nulla di speciale, mio caro; un eroe non possiede nulla – è forse una spada, un’armatura magica, uno scudo a renderli eroi?
Il Destino non ridesta il Drago perché hai qualcosa di speciale; lo ridesta perché sei speciale.
“Chiunque, allora, è in grado di farlo?”
Sì, chiunque può affrontarlo, ogni essere umano può realizzare un sogno, ognuno di noi potrebbe rendere giustizia alla sua vita riabbracciando l’anima, ogni mortale può contribuire
all’armonia con un suo verso.
Chiunque potrebbe riuscirci.
Ma il destino dice: “Sei tu quello che ho scelto”.
Tra miliardi di contemporanei e milioni di miliardi di vite che verranno al mondo, il mio sogno ha riposto la sua fiducia in me.
dal libro
Il Tuo destino ti troverà per quanto lontano tu possa andare, Verdechiaro edizioni, 2019