PIERO RAGONE è filosofo, ricercatore, scrittore, studioso di religioni e di esoterismo. Il suo campo d’indagine è tutto ciò che la scienza non è in grado di spiegare. Laureato in Filosofia nel 2001, consegue due master e nel 2017 riceve la laurea honoris causa in Scienze Esoteriche. Autore di numerosi testi di successo, è ospite di convegni nazionali ed internazionali e il suo nome è accostato ai maggiori interpreti della ricerca italiana e mondiale.

martedì 22 ottobre 2019

LA SPIRITUALITA' è PER CHI è GIA' STATO ALL'INFERNO


C'è un amico che ha mollato i social con il quale ci scriviamo lettere; per chi non lo sapesse, le lettere sono quelle pagine bianche che riempi con parole scritte a mano, le metti in una busta da lettere, ci metti su un francobollo e le spedici, aspettando qualche giorno prima che arrivino e prima di ricevere una risposta.

Dopo aver letto il mio libro "Il tuo Destino ti troverà" mi ha scritto una lettera raccogliendo alcune delle citazioni che lo hanno accompagnato nel suo percorso di crescita.
Una su tutte mi ha colpito:

LA RELIGIONE E' PER LE PERSONE CHE VOGLIONO EVITARE DI ANDARE ALL'INFERNO.
LA SPIRITUALITA' E' PER COLORO CHE CI SONO GIA' STATI.

Dev'essere per questo che la religione non mi ha mai dato quello che cercavo; partecipo, ascolto, ho rispetto, ma c'è poco dialogo.

Come fai a farti capire da chi non ha visto - o non vuol vedere - ciò che tu hai visto?

Grazie GABRIELE :) 


Piero Ragone

domenica 13 ottobre 2019

LA FINE DEL MONDO

Non è un annuncio apocalittico ma il titolo di un film, un bellissimo illogic movie di Edgar Wright. Catalogato dai critici come "demenziale", perché tali sono i primi due episodi della "trilogia del cornetto" (dato che uno dei protagonisti mangia un cornetto diverso in ognuno dei 3 capitoli), LA FINE DEL MONDO (The world's End) è in realtà il nome di un pub, l'ultima tappa di un tour chiamato IL MIGLIO DORATO, un viaggio ad alto tasso alcolico che prevede la consumazione di un boccale di birra in ognuno dei 12 locali segnati sulla mappa del Re.

E il re è Gary King, lo stralunato folle della combriccola, un furetto indemoniato con la sindrome di Peter Pan che vuol passare alla storia completando il tour 20 anni dopo il primo infruttuoso tentativo.
Il re è tornato e vuole farcela, proclama.
Una notte, 5 uomini, 12 pub, una pinta in ogni locale per un totale di 60 pinte: ce la faranno i nostri eroi?
Nella prima scena, Gary è in riabilitazione assieme ad altri 11 pazienti; i pub del tour sono 12, la cittadina è Newton Haven.

Il viaggio iniziatico passa attraverso 12 case zodiacali, 12 pub dai nomi evocativi; uno di questi si chiama infatti Beehive, l'Alveare, che è il nome anglosassone della costellazione del Cancro.
Il viaggio della compagnia si svolge a bordo di un'auto d'epoca chiamata la "Bestia", come nell'Apocalisse, e la fine del tour è in un locale chiamato La Fine del Mondo, dove ad attendere Gary King c'è un luminoso boccale magnificato come il Santo Graal.
Ma .. sorpresa! il dodicesimo non è l'ultimo pub, c'è un tredicesimo come sono infatti 13 le costellazioni dello Zodiaco, se si include l'Ofiuco.
E, ancor più sorprendente, a metà pellicola irrompono strani esseri dal sangue blu che provengono da chissà quale pianeta, e che indirettamente vogliono impedire a Gary &Co di portare a termine la missione.Ma il film non è un amarcord con 5 amici che non vogliono invecchiare; storia, sceneggiatura e montaggio rivelano che il regista ha inalato dosi abbondanti di Quentin Tarantino in età adolescenziale (e chi non lo ha fatto??) ma, soprattutto, ama i riferimenti al mito di Artù e alle costellazioni.

Il risultato finale è un collage senza respiro di scene a pieno ritmo, con il sapore di una Desperados bevuta a temperatura ambiente; assolutamente da vedere immaginando di essere in un pub di legno con il juke box loopato su un brano che fa capolino nel film al punto giusto, So Young degli Suede, appropriato e nostalgico quanto basta per farti venir voglia di richiamare l'attenzione del barman e dire, con fare collaudato: "Il prossimo me lo fai doppio, fratello".

Ci vediamo al Bivio, Ragazzi.

mercoledì 9 ottobre 2019

dal libro 
Il Tuo destino ti troverà per quanto lontano tu possa andare, Verdechiaro edizioni, 2019. 


La domanda dell’eroe

“Se oltrepassi quella soglia, finirai in un mucchio di guai e non potrai cambiare idea”, spiega ancora Jimmy Malone ad Eliot Ness.

“Da un certo momento in poi, non ci sarà più modo di tornare indietro”: spalle al muro, nessuna scorciatoia, nessuna via di fuga “ed è quello il punto al quale devi auspicare di arrivare”, mi ripeteva spesso Franz Kafka durante le nostre notti insonni.
Abbiamo una missione e nessuno ce l’ha spiegata: cos’è il destino?

Chi è il Drago? Come si combatte? Perché i miei sogni lo ridestano? Perché devo affrontarlo se voglio esser felice?
Tutti gli eroi, prima di diventare tali, sono stati assaliti dal dubbio e si sono posti la domanda: “Perché io? Perché spetta a me salvare qualcuno? Perché devo essere io l’eroe? Perché è mio
compito sacrificarmi?”.
È la domanda che ci poniamo tutti: perché io, perché noi?


Sei tu quello che ho scelto

Per compiere un’impresa, devi meritare l’impresa; per ottenere un premio devi essere gradito al premio; per trovare la persona giusta devi essere la persona giusta.
Come ognuno di noi, anche il mio compagno di banco Jean Paul Sartre si tormentava con la domanda dell’eroe, intrattenendosi in immaginari dialoghi con il suo destino, come riporta
nell’autobiografia intitolata Le Parole (1963):

«Cosa possiedo perché tu mi abbia scelto?»
«Niente di speciale.»
«Allora, perché me?»
«Senza nessuna ragione.»
«Ho perlomeno qualche abilità?»
«Nessuna, credi forse che le grandi imprese siano solo per chi
possiede delle abilità particolari?»
«Ma, poiché sono così nullo, come potrei riuscirci?»
«Applicandoti.»
«Chiunque allora, è in grado di farlo?»
«Chiunque, ma sei tu quello che ho scelto.»

“Quando si è pronti per qualcosa, se ne assume l’aspetto”, dice Napoleon Hill.

Jean Paul non ha doti straordinarie, non è un uomo di fede, non è infallibile e non è senza difetti. È un essere umano, è stato chiamato alla sfida con il Drago ed ora tentenna come è accaduto a me, ha dubbi come chiunque, è certo di non possederne i requisiti, proprio come ne è convinto ognuno di noi.
Non possediamo doni particolari, non siamo “benedetti dai risvegli in mare”, scrive Rimbaud ne Il Battello ebbro (1871), e forse non siamo speciali, non siamo esemplari unici e rari, come ripete Tyler Durden ai membri del Fight Club (1999). Ma non abbiamo l’obbligo di esserlo.

Il prologo di questo libro recita: un Drago dorme in ognuno di noi finché il destino non lo ridesta, se siamo forti ci onora, se siamo deboli ci annienta.
Dorme in ognuno di noi: il risveglio del Drago non risparmia nessuno.
“Cosa possiedo perché tu mi abbia scelto? Ho qualche abilità?”indugia il nostro amico Jean Paul.

L’abuso del verbo avere è il sintomo dell’importanza eccessiva che attribuiamo al possesso: no, non hai nulla di speciale, mio caro; un eroe non possiede nulla – è forse una spada, un’armatura magica, uno scudo a renderli eroi?
Il Destino non ridesta il Drago perché hai qualcosa di speciale; lo ridesta perché sei speciale.
“Chiunque, allora, è in grado di farlo?”
Sì, chiunque può affrontarlo, ogni essere umano può realizzare un sogno, ognuno di noi potrebbe rendere giustizia alla sua vita riabbracciando l’anima, ogni mortale può contribuire
all’armonia con un suo verso.

Chiunque potrebbe riuscirci.
Ma il destino dice: “Sei tu quello che ho scelto”.
Tra miliardi di contemporanei e milioni di miliardi di vite che verranno al mondo, il mio sogno ha riposto la sua fiducia in me.


dal libro